Una foto artistica sui beni culturali di Gratteri

Che si tratti di una foto artistica, non ci è dato di poterlo dire, data la nostra incompetenza in materia. È certo però che lo fosse nell’intenzione dell’autore (Giuseppe Cespa). Il cui studio era punto di riferimento per gli appassionati di fotografia, non soltanto di Cefalù ma anche di una vasta area attorno ad essa, verso i quali egli era prodigo di consigli di carattere tecnico ed anche estetico.

Quanto alle foto da lui prescelte per l’esposizione, come si legge in una nota redazionale di Cefalunews , «Giuseppe confezionava lui stesso i suoi quadri, foto, cornici, vetri li montava da solo. Dalla stampa delle foto al taglio e assemblaggio delle cornici, Giuseppe si occupava di tutto con una cura quasi maniacale».

È evidente, quindi, che  l’intento fosse quello di mettere in mostra il suo talento artistico in una attività, quella della fotografia non universalmente ritenuta un’arte  al pari delle arti figurative da sempre ritenute tali.

Nel caso nostro, però, questo è un dato secondario, giacché conta soprattutto il fascino che promana dalle pietre antiche verso un osservatore non indifferente alle motivazioni del sentire tipico dell’epoca quando ancora permane in esse  l’animus dei primi osservatori.


Qual era quello dell’epoca normanna mirabilmente espresso nel campanile affiancato alla chiesa di Santa Maria di Gesù, abbinata al convento dei frati minori conventuali, sicuramente di epoca successiva, anche se come rifacimento di una preesistente chiesetta più coerente nello stile.

Un chiesa, quella anzidetta, che pur con tale discrasia col campanile, riporta alla mente i secoli del fiorire attorno ad essa dello spirito francescano; nel convento, ancora abitato – secondo la testimonianza del Passafiume – da monaci,  anche se in numero di poche unità, alla metà del diciassettesimo secolo, e nella cittadinanza tutta fino ai nostri giorni. Come si evince dall’esercizio delle devozioni rituali della comunità femminile dell’ordine secolare.

L’antichità di questo binomio edilizio ha quella “sfumatura di grandezza e venerabilità”,  che nel dizionario (di Devoto e Olii) viene identificata con la vetustà. La grandezza del regno normanno, durante il quale il territorio di Gratteri ebbe l’onore di un cenobio, quello dei Premonstratensi, nella contrada intitolata a San Giorgio; e la venerabilità di un luogo da cui certamente ebbe l’input la vocazione francescana di Padre Sebastiano, fiorita poi in una famiglia (quella in seguito denominata dei Frati Minori Cappuccini) più prossima allo spirito originario dell’ordine monastico fondato dal Poverello  d’Assisi.

Ma non si chiude qui la vetustà dei luoghi ritratti nella foto artistica di Cespa. Perché non meno sfumati di grandezza e venerabilità sono la vecchia Matrice ai piedi del castello baronale posseduto e a lungo abitato (certamente fino al loro acquisto della baronia di Santo Stefano di  Bivona) dai baroni di Gratteri, personaggi non di secondo piano nei governi non più autonomi della Sicilia feudale, di fatto spadroneggiata dalle famiglie feudatarie, di cui quella dei Ventimiglia era una delle maggiori e più potenti.

Ma pure in un quadro fosco qual era il feudalesimo, con i signori di turno titolari del mesto e misto imperio, come era definito l’esercizio della giustizia civile e penale, non mancarono personaggi positivi come quelli citati nelle lapidi funerarie delle due chiese dianzi richiamate. Né tale stato di cose toglie grandezza ai luoghi da loro abitati, in virtù almeno del prestigio che sapevano dare ai loro possedimenti e ai sudditi.

Senza dire delle pratiche religiose che per loro merito o iniziativa servivano a soddisfare il senso del sacro nella gente comune. Vuoi l’onore tributato al Santo Protettore, che secondo il Passafiume veniva onorato con solennità e devozione sincera nel circondario dei paesi confinanti, le cui popolazioni accorrevano nei giorni festivi in ringraziamento per i favori ricevuti o in preghiera per implorarne la concessione.

Particolarmente attribuita ai Ventimiglia era poi la presenza in Gratteri delle Spine che la tradizione vuole fossero tra quelle della corona imposta, in dispregio, al Redentore. La storia dell’acquisto non è del tutto edificante, perché ci sarebbe stato anche un colpo di mano del barone nella cattedrale di Cefalù.

Ma va anche riconosciuto a un suo successore, il barone Lorenzo (dal 1642 al 1675), il merito della costruzione di un tempietto, tuttora esistente, per una degna conservazione delle spine e delle altre reliquie riguardanti la passione di Cristo, che i Ventimiglia conservavano nella chiesa di loro pertinenza, poi divenuta la Matrice. Dalla quale sono state quindi trasferite in un cappella ad hoc nella chiesa omonima, che abbiamo sempre chiamato la Chiesa Nuova.

Questo – com’è ovvio – non si legge nel quadro di Cespa. Ma il gratterese lo conosce. E si commuove. Come invece non può accadere per il castello baronale; del quale non è rimasto neppure un frammento.

E non può essere consolante per sé ed ammirevole per l’autore del quadro di cui abbiamo parlato la presenza al suo posto del serbatoio dell’acqua potabile, di tutt’altra fattura e di diverso uso.

Né può supplire la mancanza di un maniero tanto prestigioso e suggestivo nella sua eminenza il frammento, in primo piano, del recinto di un povero ovile da capraio abbarbicato sulla acclività impraticabile, tra massi calcarei, della attigua propaggine montuosa.

Salvo che non lo si consideri il contraltare decisamente in contrasto con la magnificenza del primo. O quello che – supponiamo – doveva essere nell’intenzione dell’artista: il segno dell’attività primaria di questo borgo.

Un’attività, la pastorizia, ben fiorente un tempo e rinomata, anche lontano da esso, per la competenza degli addetti e la qualità dei prodotti.

A cura di Giuseppe Terregino

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3 thoughts on “Una foto artistica sui beni culturali di Gratteri

  1. Lombardo antonino says:

    Perché non ammirare i proprietari di questo terreno che lo hanno lasciato intatto per quattro generazioni, mentre i poteri pubblici del paese hanno costruito la settima chiesa del paese demolendo il vecchio castello per poi costruirvi il serbatoio dell’acqua? Prima di parlare di arte studiate la storia.

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    1. Giuseppe Terregino says:

      Mi sembra strano l’appunto del lettore Nino Lombardo all’articolo, dato che in esso sono del tutto assenti i termini della questione da lui denunciata. Ma perché non mi si tacci di superbia, premesso che non ho alcuna autorità né titolo di commendare o censurare dei privati in materia, qual è quella urbanistica, di stretta competenza della pubblica amministrazione, mi limito a richiamare il mio punto di vista a proposito del castello baronale di Gratteri e riguardo alla sua demolizione.
      Il titolo del mio volumetto sul CASTELLARE DI GRATTERI, edito totalmente a mie spese e non messo in vendita proprio per non trarre profitto dall’omaggio al mio luogo natio, dice chiaramente come sia per l’appunto il Castello l’elemento qualificante dell’identità del nostro borgo; se è vero – come è dato di leggere nei Dizionario della lingua italiana di C. Devoto e G.C. Oli – che la denominazione di “castellare” è quella “medievale del territorio sottoposto al dominio fondiario e signorile di un Castello”.
      Non avrei quindi potuto approvare la demolizione di esso, nonché la “depredazione delle pietre per un uso improprio , anche se di pubblico interesse e di alto valore morale, quale poté essere quello della edificazione , nel diciannovesimo secolo, della nuova chiesa madre” (v. volume sopra citato, p. 17).
      Comunque, se malgrado queste mie precisazioni, il Lombardo continua a ritenersi offeso, non intendo assolutamente aprire una polemica, ma gli chiedo umilmente scusa. A lui e a quanti la pensassero come lui.
      GIUSEPPE TERREGINO

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  2. Antonino Lombardo says:

    Caro professore Terregino voglio precisare che prima del duemila questo terreno era edificabile zona C. Successivamente, chissà perché lo strumento urbanistico di Gratteri fu modificato, destinando la zona c in altri terreni, mentre la zona San Francesco ritornò ad essere zona agricola. Questo volevo precisare in ossequio alla correttezza dell’informazione e che i proprietari non hanno voluto speculare….

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