Come ben sappiamo, nel Santuario di Gibilmanna è esposto in bella evidenza il ritratto del papa San Gregorio Magno. E questo perché, secondo una delle ipotesi che fa riferimento alla sua fondazione di alcuni monasteri benedettini in Sicilia, prima di salire al soglio pontificio, tra queste istituzioni sarebbe da annoverarsi anche il monastero di Gibilmanna; il quale – come è risaputo – precedette di parecchi secoli l’attuale convento francescano, sorto nel 1535, mentre il monastero benedettino databile all’epoca di San Gregorio sarebbe stato fondato alla fine del VI secolo, dato che proprio nel 590 il santo Papa venne eletto come successore di San Pietro.
Di queste notizie dà testimonianza anche fra’ Benedetto Passafiume nel suo compendio sulla origine della chiesa di Cefalù, dove – secondo lui – a rafforzare l’ipotesi anzidetta concorrerebbe l’evento della «celebrazione di un grande giubileo nel giorno della festa del medesimo Gregorio, col concorso delle popolazioni limitrofe di Cefalù, Castelbuono, Isnello e Gratteri, le quali dopo avere ricevuto devotamente, …, il sacramento della Santissima Eucaristia in questa chiesa, accedono a una chiesa quasi diroccata baciandone con devozione i muri, ritenendo per certo che ivi San Gregorio avesse scelto di porre la sacra cappella, la residenza e l’oratorio».
Quanto fin qui detto basterebbe per confermare la vicinanza del nostro paese a una figura di papa cosi eccelsa quale fu quella di san Gregorio, il quale, pur in un momento certamente non facile della vita ecclesiale e sociale dopo la caduta dell’impero romano d’occidente e il conseguente succedersi di invasioni barbariche, lasciò una traccia indelebile del suo governo accorto e lungimirante e contributo storico non meno importante anche con riferimento al vigore che seppe infondere alla preziosa eredità di San Benedetto, di cui tutti sanno quanto preziosa sarebbe stata per evitare il decadimento delle istituzioni civili e il degrado dell’assetto sociale in conseguenza della caduta del potere imperiale di Roma.
Ma c’è una piccola cosa che si aggiunge a questa vicinanza, un forse sconosciuto dato storico, di cui fa cenno il Passafiume, che farebbe essere il nostro paese protagonista della devozione all’inclito seguace del Nursino. Ed è il dato di fatto – riferito dal Passafiume – dell’esistenza a Gratteri (nel 1645) del rudere di «una chiesa dedicata a San Pietro, che la tradizione vuole che sia stata consacrata da San Gregorio ed è destinataria di una grandissima devozione, specialmente nel giorno della ricorrenza del Santo Pontefice».
Questa devozione fa tutt’uno con quella di Gibilmanna se si tiene conto del fatto che esse si unificano nella persona di Padre Sebastiano, insieme gratterese e fondatore del convento cappuccino di questo luogo, che si è nutrito, insieme al latte materno, anche con la devozione al Pontefice benedettino, pure lui con una forte ascendenza siciliana, se è vero – come è vero – che le sue fondazioni in Sicilia miravano alla valorizzazione in senso ecclesiale della eredità materna.
Ciò, però, non può essere una conferma, sul lato strettamente storico, della fondazione da parte di San Gregorio del cenobio benedettino di Gibilmanna, né della sua reale presenza a Gratteri.
Ci vuole ben altro per fare una affermazione così impegnativa sul conto di una persona di tanta importanza storica. Il dato di fatto, tuttavia, di una sua inveterata presenza spirituale nel nostro territorio non può considerarsi insignificante, perché dona forza alla congettura di uno stretto legame di questa terra col Papa di Roma, che non poté essere né sciolto né indebolito dal lungo primato del patriarcato di Costantinopoli, che imponeva alla Sicilia il rito greco-bizantino, o dal successivo dominio arabo prima del ripristino del legame con Roma ad opera dei Normanni.
La storia di Gratteri prima della sua appartenenza alla baronia e poi al principato dei Ventimiglia, proprio grazie a questa inveterata presenza spirituale, non è da considerarsi preistoria, ma storia vera di una comunità adulta sul piano della fede religiosa e forse anche della vita civile.
Non abbiamo documenti validi e inoppugnabili per affermare questo, ma la presenza, seppure solo in spirito, di questo Padre della Chiesa, la cui statua, con quelle di Ambrogio, Agostino e Girolamo, decora il frontale della cattedrale di Cefalù, fa legittimamente spostare indietro di secoli l’avvento della civiltà cristiana nel nostro territorio.
Rubrica a cura di Giuseppe Terregino