Si udivano pochi rumori: il garrire delle rondini tornate, il raglio degli asini, lo sbattere delle porte delle case site nella piazza del quartiere detto Cozzo Scala.
Due giovani giungevano dalla trazzera che conduce i “Grattaluci” nelle contrade S. Giorgio, Difesa e S. Antonio e, più lontano, verso il paese nominato Collesano.
Va detto subito che i due, a guardarli bene, apparivano due “malucunnutta”.
Il sole si era già tuffato nel mare di Termini Imerese e le prime rondini, piene di energia, cercavano il rifugio per la nottata che sembrava tranquilla.
Nella piazzetta antistante la chiesetta del Santissimo Crocifisso, la gente si affrettava per andare a cena; i due giovinastri si addentrarono nei vicoli, passando per la via della Santa, che conduce nello spiazzo antistante la Vecchia Matrice. Nella chiesa erano custodite alcune reliquie, tra cui le SANTE SPINE, racchiuse in una teca d’argento.
I nostri Antenati raccontavano che fu Ruggero II a portarle a Cefalù, e che da lì furono rubate dal barone di Gratteri Francesco Ventimiglia per detenerle nel suo castello facendo così oltraggio al Vescovo.
A prescindere dalle modalità di acquisizione, però, i Gratteresi hanno sempre manifestato grande devozione per le Sante Reliquie.
I due giovanotti entrarono dalla porticina che conduce nella sacrestia, dove trovarono ben poche cose da prendere: v’era l’olio per alimentare le “lumiricchie” e il Vino per la celebrazione delle sante Messe.
In chiesa, furono attratti dal luccichio della teca d’argento deposta sull’altare. Essa conteneva le Spine, ma i due, ignari capiroro che la teca poteva avere un valore tale che vendendola avrebbero ricavato un buon utile e la arraffarono.
Lasciarono immediatamente e velocemente la chiesa e, passando sotto l’arco da cui si entrava nel castello dei Ventimiglia, trovarono subito la scorciatoria per tornare nella piazzetta del Crocifisso, e, quindi, per imboccare la trazzera che conduce a Collesano.
Giunti nella piazza, improvvisamente un forte vento li investì e potentemente li scaraventò a terra, e, sbalorditi, si afferrarono, avvinghiandosi l’uno con l’altro e, restando a pancia in giù, ebbero la sensazione di essere, senza che nessun laccio li legasse.
Su di loro, il vento, potente, girava vorticosamente, impedendo ogni loro movimento.
Restarono così, per terra, e per tutta la notte.
I contadini che partivano prima dell’alba, al tocco denominato “ciccanninu”, li videro e pensarono che fossero stati colti da malore e vollero dare soccorso. Si accostarono, ma si accorsero che un vento potente impediva a quei due giovani ogni movimento e poi si avvidero che uno dei due teneva in mano la teca d’argento che loro ben conoscevano: e subito gliela sottrassero e il vento improvvisamente cessò.
Allora i due “malucunnutta” s’alzarono e si precipitarono, correndo, verso la discesa che conduce alla trazzera. Non si voltarono indietro, saltarono fossi, ghiaie e recinzioni e corsero in direzione di Collesano, che, forse, era il loro paese.
Era l’alba della prima domenica del mese di maggio. Il vento era cessato non appena la teca era stata tolta ai due ladri e aveva impedito loro di rubare le SANTE SPINE.
Da quella domenica di maggio, i Gratteresi stabilirono che per ricordare IL MIRACOLO DEL VENTO, ogni prima domenica di maggio dovesse essere festa solenne, che per importanza fosse seconda solo alla festa del santo patrono.
A cura di Giuseppe Cassata