Chiesa del convento
O chiesa del convento
non mi par vero di vederti ancora
ritta al tuo posto in piedi,
e austera ancor che vecchia
coi muri decrepiti e muscosi.
Te ne stai in disparte
e sol di rado parte
prendi ai giochi dei fanciulli
sullo spiazzo.
Nelle sere di luna
racconti alle ombre dei martiri
che a fianco a te raccolti
volle pietà dei vivi
scolpita nel bianco marmo a memoria
del sacrificio loro
la tua storia di perfetta letizia,
quando al mattutino
un coro di poverelli scalzi
empia le volte tue di sacre lodi
e di santo amore
vibravano le canne dell’organo.
Li vedesti fanciulli
rincorrersi davanti a te
e agili arrampicarsi
tra le pietre grigie della montagna.
E tu pure piangesti
con la madre affranta
il giorno della ferale notizia
e spesso, pietosa, lei consolasti
genuflessa dinanzi all’altare
della Santa Vergine, invocante
l’abbraccio eterno col figlio
dilaniato dal mortaio
tra i sassi dell’altopiano del Carso.
Vetusto segno di salvezza eterna,
ancora tu resisti
alla feroce avidità del tempo
e vigile proteggi
questo povero gregge
di case accovacciate nella valle.
Giuseppe Terregino