Castellare di Gratteri

Un eminente esegeta dell’anima popolare gratterese

Dove viene offerta la lettura dei Frammenti storici ed evocativi dell’almo CASTELLARE DI GRATTERI, mi pare un segno di doverosa gratitudine anticipare la PREMESSA, che dà pregio al volumetto stampato, di un eminente filologo qual è stato il Preside Giovanni Sottile: filosofo e storico di chiara fama ben al di là del titolo di stimatissimo professore di quel Liceo, il Mandralisca, sempre all’avanguardia dei licei siciliani sotto l’aspetto della cultura umanistica non disgiunta ma così ben integrata con l’insegnamento scientifico, tanto da potersi considerare realizzato in esso quel coniugio formativo proprio dell’umanesimo integrale.

In un sito come gratteri.org questa premessa, che di seguito aggiungo, assume il carattere di una esegesi in cui più dei pregi letterari del volume spiccano qua e là le caratteristiche peculiari dell’anima di un popolo, che ne esprimono l’identità più vera.

Della quale il Sottile, da intellettuale cattolico di notevole spessore culturale, ben sa cogliere e rimarcare quegli aspetti che forse erano rimasti nella penna dell’autore del libro a causa del linguaggio non ben rispondente alla intenzione della sua mente. Giuseppe Terregino

Presentazione

di Giovanni Sottile

Questo compendio di Frammenti storici ed evocativi su Gratteri è interessante per la riuscita sintesi tra i molti particolari e l’inquadramento complessivo, esatto nei punti essenziali di riferimento. Ci sono dati precisi, c’è il contesto culturale, sobriamente delineato, c’è la nota folcloristica che “colora” il racconto di un vissuto collettivo, in cui si esprime l’anima di un popolo, gravato dalla fatica quotidiana, sfruttato dal potente di turno ma fermo nella Fede e nei valori, che essa propone e alimenta.


Perciò essi sono un tutto ben coeso; a parlar come “il cor ditta dentro” mi sembrano una gioiosa e sofferta testimonianza di un costume, che pur con le inevitabili ombre e qualche tinta grigia o nera, trovava nella Fede coesione, consapevolezza e speranza.

I lavoratori che all’alba, portando i propri attrezzi, si recavano nei campi, forse non avevano disposizione di animo per contemplare e godere il bel paesaggio, che dalle montagne scende fino all’azzurro del mare. Tuttavia nella loto semplicità e schiettezza di vita non potevano non sentire una sorta di comunione con il creato, elevando con la spontaneità propria dei semplici, l’anima al Creatore.

Le pagine dedicate al Fondatore del Convento di Gibilmanna, P. Sebastiano, sono un doveroso tributo a un concittadino tanto umile quanto illustre, ma pure sottolineano lo spessore di una Fede, che in P. Sebastiano poté esprimersi in un modo così eroico perché l’ambiente ne era compenetrato: le opere e i giorni, i momenti della vita, tutto era ritmato dai richiami religiosi; allora i nostri paesi avevano un’anima cristiana, in un certo senso c’era una fede corale.

Perciò mi pare che la biografia spirituale di P. Sebastiano e la dolente storia della Chiesa di S. Giorgio, fiorente per quasi due secoli, costituiscono l’impianto del lavoro, ciò che anima dal di dentro la ricerca, con scelta oculata dei contenuti. Le descrizioni paesaggistiche, le condizioni socio-economiche, folclore, riti, consuetudini, le appropriate citazioni di Ovidio, Dante, Manzoni, i rimandi storici servono da supporto a un obiettivo centrale: la testimonianza di una cristianità viva e aperta al domani, pur con le ombre e le pene dell’oggi. Potremmo avere rimpianto per quel tempo che fu ma da credenti – e la Fede è novità – dobbiamo avere fiducia e impegno di rinnovare nel nostro tempo la “Civitas christiana”, sicuri che Gesù Cristo, nostro Signore, ha vinto il mondo.

Castellare di Gratteri

Frammenti storici ed evocativi dell’Almo

Questo scritto non intende essere un discorso storiografico sistematico sulle origini e sulla evoluzione del nostro paese nel tempo. Le nostre considerazioni saranno semplici note, sul filo soprattutto della memoria, al brano che B. Passafiume dedica a Gratteri nel suo De origine ecclesiae cephaleditanae, dedicato prevalentemente alla Diocesi di Cefalù nel suo percorso storico e nella sua conformazione topografica.

In tale contesto resta ovviamente in ombra il lato economico-sociale del percorso storico, che però si evince in certa misura dai dati che si riferiscono all’evoluzione del castellare nella sua dimensione feudataria – così come risulta nella ricostruzione cronologica della baronia dei Ventimiglia –, tenuto conto del contesto più ampio della storia siciliana.

L’elemento unificatore dei nostri frammenti è la tradizione religiosa, la quale ha i punti di riferimento più significativi nei maggiori ordini monastici, da quello benedettino a quello francescano, senza trascurare la rilevante presenza egemonica per lungo lasso di tempo degli Agostiniani.

In essi vanno ricercate le radici culturali della nostra gente. Quelle radici che si vogliono responsabilmente non tagliare – in una dimensione enormemente più vasta – alla cultura europea.

Le ragioni della volontà di una tale operazione culturale, per dare risposta alle problematiche inerenti agli scontri di civiltà che travagliano drammaticamente il nostro tempo, non sta a noi indagarle e sviscerarle.

Per quel che ci riguarda, limitatamente all’ambito ristretto del nostro territorio, ci sembra di poter dire che non è possibile prescindere dalla tradizione religiosa per una piena comprensione della identità culturale ed esistenziale che ha dato senso alla vita individuale e comunitaria dei nostri avi ed anche, in buona misura, alla nostra.

Il senso dell’agire, la gioia di appartenere, il conforto nel dolore hanno tratto sempre vitale alimento dalla stessa tradizione. Nei momenti lieti e in quelli tristi.

Ma non è soltanto la spiegazione del passato che ci interessa. I nostri frammenti, infatti, così come hanno un elemento unificante della storia passata nella tradizione religiosa, hanno pure un motivo ispiratore nell’intento di riscoprire tra le “dirutemura del passato” gli elementi atti a evitare una realtà futura priva di quei valori morali e civili che danno senso al vivere emotivazione all’agire.

A cominciare dalla riscoperta dei loro segni nei beni ambientali e culturali a lungo trascurati, oltre che nelle manifestazioni di fede passate in disuso per essere sostituite da vacue ed effimere sagre folcloristiche in un’ottica meramente mercantile e in forme proditoriamente alienanti.

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Rubrica a Cura di Giuseppe Terregino

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