A Gratteri si torna a far politica democraticamente

Le prossime elezioni amministrative rappresentano per me, che ormai sono vicino al commiato, un evento particolarmente felice per aver visto ritornare nel mio paese di origine la dialettica democratica nell’esercizio del potere locale. Infatti, dopo l’evento comunque sconsolante delle elezioni trascorse, nelle quali l’attuale sindaco uscente dovette sobbarcarsi al prolungamento del precedente mandato per assenza di candidati disposti a sostituirlo, questa volta sono state presentate due liste con i rispettivi candidati alla carica in gioco.

Veramente encomiabili entrambi, questi due personaggi: l’uno, il nuovo arrivato, Angelo Curcio, perché, dopo una ripetuta alternanza di sindaci forestieri, ha proposto, mettendo in gioco la propria persona, un gratterese disposto a sacrificarsi per l’amministrazione del proprio comune; l’altro – il quale, diciamo intanto, ormai per varie ragioni naturalizzato come cittadino di Gratteri – perché non si è tirato indietro nel mettere al vaglio della cittadinanza il proprio precedente operato. Segno, questo, di una onestà di intenti che gli fa onore.

Personalmente, se dovessi votarli, avrei l’imbarazzo della scelta, avendo stima dell’uno e dell’altro in virtù della conoscenza indiretta che mi deriva dagli ascendenti dell’uno e dai discendenti dell’altro: persone a me care o comunque vicine nel culto dei valori che si riferiscono alla convivenza civile nel nostro contesto sociale. Ma non avrei alcun imbarazzo se la scelta dovesse discendere – come dovrebbe essere sempre in democrazia – dai rispettivi progetti e programmi in direzione del bene della collettività nel suo insieme, senza preferenze legate alla appartenenza politica o sociale.

Ecco il punto: la cittadinanza di Gratteri si trova oggi dinanzi ad una scelta insieme difficile sul lato personale, ma agevole ove si confrontino in concreto le proposte dei due candidati, rinunciando finalmente all’idea che il contrasto in politica debba somigliare ad una lotta volta a far soccombere l’avversario, il quale non è un nemico da togliere di mezzo ma il necessario polo dialettico per acquisire maggiore consapevolezza della validità delle proprie idee, in un’ottica di perfezionamento della propria identità personale in una con quella del contesto sociale in cui si è chiamati a vivere ed operare.


In questo ordine di idee, la scelta diventa relativamente facile; doverosa anzi. Sicché quello che possiamo augurarci è che ci sia la maggiore affluenza possibile alle urne perché il risultato possa premiare chi meglio abbia interpretato le aspettative della collettività totalmente considerata, e non divisa in fazioni contrapposte, ciascuna volta a difendere il proprio tornaconto.

di Giuseppe Terregino

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